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"Se qualche volta scrivo è perché certe cose non vogliono separarsi da me come io non voglio separarmi da loro.
Nell'atto di scriverle esse penetrano in me per sempre
- attraverso la penna e la mano- come per osmosi"
(Cristina Campo, Gli Imperdonabili)

lunedì 15 ottobre 2012

Il vento nostalgico della speranza...




"La tua nostalgia è un mare che puoi navigare,
la tua nostalgia è un terreno su cui puoi camminare,
perchè te ne stai allora inerte e scorata
fissando il vuoto?
Verrà un mattino con un orizzonte più rosso
di tutti gli altri,
verrà un vento a porgerti la mano:
mettiti in cammino!"

Edith Södergran, Notturno ed altre poesie


Nostalgia e speranza...non fermarsi ma proseguire, guidati dalle emozioni già vissute e da quelle che ci attendono! 
Lasciarsi accarezzare dal vento nostalgico della speranza...

mercoledì 29 febbraio 2012

Una lode alla lettura



Margherita Pieracci Harwell, amica della poetessa Cristina Campo e curatrice della sua opera, ha scritto una bellissima lode alla lettura...

In lode della lettura

"Se cerco di definire il mio rapporto con la letteratura non vi trovo momento più essenziale del leggere. Un certo tipo di lettore, poi, finisce per scrivere di quel che legge: perché non può chiudere in sè l’emozione delle sue scoperte, e perché deve, anche per questo, persuadere gli altri a leggere.
Si legge, come si scrive, perché la vita ci va stretta, coi suoi limiti – forse qualcuno pensa perciò che la letteratura sia un’evasione. Ma ci va stretta la vita quando non ne cogliamo abbastanza la densità, lo spessore – quella «seconda realtà» a cui alludono Leopardi o la Ortese – quindi si legge per veder più e meglio, e per capire il senso. Anche per veder meglio in sè, riflessi in un altro.
Io scoprii che cosa cercavo combinando due frasi, una di Hofmannsthal una di Luzi - «chi muore porta un segreto con sè: come gli sia stato possibile, in senso spirituale, vivere»; e «se riusciamo a individuare il senso e il ritmo in cui uno spirito si muove… saremo più vicini al suo segreto naturale».
A una lettura attenta il senso e il ritmo dello spirito di un autore si fa trasparente, e si rivela il segreto del suo poter vivere a un grado che è raro incontrare fuor della mediazione discreta della pagina.
Così si diviene per sempre lettori, per essere aiutati a vivere.
Ma mentre si contempla un testo nel miracolo del suo travaglio e della sua pace, è impossibile non condividere con gli altri la gioia di capire: allora si scrivono saggi o si tracciano note per un corso.
Io infatti ho insegnato felicemente quarant’anni e riempito varie pagine.
Questo modo di lettura mi ha portato molto vicino agli autori, quando quelli che amo sono vivi, perché la prima persona con cui vorrei parlare dell’opera quando mi pare di penetrarvi è colui o colei che l’ha scritta. Ne sono nate splendide amicizie, che a loro volta mi illuminano per un grado più intenso di comprensione, e a cui devo quasi tutto quel che ho infine imparato."

Margherita Pieracci Harwell
University of Illinois at Chicago
Professor Emerita  


(pubblicata sul  sito http://www.cristinacampo.it/)





giovedì 23 febbraio 2012

Rifugiarsi in un paio di parole..

La mattina del 20 Ottobre 1941, Etty Hillesum scriveva sul suo diario:

Etty Hillesum
"Dentro di me c'è una melodia che a volte vorrebbe tanto essere tradotta in parole sue. Ma per la mia repressione, mancanza di fiducia, pigrizia e non so che altro, rimane soffocata e nascosta. A volte mi svuota completamente. E poi mi colma di nuovo di una musica dolce e malinconica.
Pagine del diario di Etty
A volte vorrei rifugiarmi con tutto quel che ho dentro in un paio di parole. Ma non esistono ancora parole che mi vogliano ospitare. E' proprio così. Io sto cercando un tetto che mi ripari ma dovrò costruirmi una casa, pietra su pietra. E  così ognuno cerca una casa, un rifugio per sé. E io mi cerco sempre un paio di parole".


(da Diario. 1941-1943, Etty Hillesum, Gli Adelphi)

E noi alla ricerca del nostro rifugio e delle parole che traducano la melodia del nostro mondo interiore, oggi possiamo trovare asilo nelle parole, semplici e nude, di Etty..

martedì 21 febbraio 2012

Giorni come amuleti..

Cristina Campo
Nel 1955 Cristina Campo scrive alla sua amica Mita:
"Lasci al tempo la memoria, questo suo unico possesso; e non tolga al passato la veste bianca, se pure l'oggi le sembri nudo e scheletrico. Non conosciamo le alchimie dei giorni - né come incontreremo in futuro ciò che abbiamo abbandonato alle spalle.."
E ancora il 27 Luglio 1957:
"Bisogna vivere tutto fino in fondo.Ogni volta che si torna indietro è per tracciare di nuovo il cerchio, ancora e ancora finché non sia perfetto. Vivere tutto con rispetto di sé..il cerchio si traccia con la volontà di capire..sono preziosi anche i nostri inferni.."
(da Lettere a Mita, Cristina Campo, Biblioteca Adelphi 381)

Cristina Campo parla di "giorni come amuleti"..ogni giorno porta con sé il segno di un altrove, un infinitesimale frammento del cerchio perfetto che dobbiamo tracciare con il nostro vivere..

giovedì 16 febbraio 2012

Imparando a vedere nelle notti dell'anima...


Capita di perdersi nelle "notti dell'anima"... ma a volte bisogna scegliere il buio del cambiamento, quando la fiaccola del passato, che ci ostiniamo a tenere in mano, non basta più ad illuminare la nostra vita... i nostri occhi affronteranno la tenebra e impareranno a vedere, a scorgere i contorni di ciò che è sempre stato accanto a noi e del nuovo che incontreremo camminando...


e una poesia di Emily Dickinson ci accompagnerà..



"Ci abituiamo al buio
quando la luce è spenta;
dopo che la vicina ha retto il lume
che è testimone del suo addio,

per un momento ci muoviamo incerti
perché la notte ci rimane nuova,
ma poi la vista si adatta alla tenebra
e affrontiamo la strada a testa alta.

Così avviene con tenebre più vaste-
quelle notti dell'anima
in cui nessuna luna ci fa segno,
nessuna stella interiore si mostra.

Anche il più coraggioso prima brancola
un pò, talvolta urta contro un albero,
ci batte proprio la fronte;
ma, imparando a vedere,

o si altera la tenebra
o in qualche modo si abitua la vista
alla notte profonda,
e la vita cammina quasi dritta"
(da Tutte le poesie, Emily Dickinson, I Meridiani, Mondadori)

mercoledì 15 febbraio 2012

Imparare dalla vita...


"Imparare dalla vita!
E ce lo ripetiamo ad ogni svolta, e ogni volta ci crediamo! Mentre in realtà nessun insegnamento vale, e nulla si ripete identico, e non c'è che una cosa uguale nel tempo, il nostro sguardo quando dalla vita si solleva verso il fondo cielo, in un suadimento d'oblio."
(da Orsa Minore. Note di taccuino e altre ancora, Sibilla Aleramo, Le Comete/Feltrinelli)

Una lettera di Florbela Espanca



27 Luglio 1930: Florbela Espanca, poetessa portoghese, scrive allo studioso italiano, Guido Battelli...
 "Sou uma cética que crê em tudo, uma desiludida cheia de ilusões, uma revoltada que aceita, sorridente, todo o mal da vida, uma indiferente a transbordar de ternura. Grave e metódica até à mania, atenta a todas as sutilezas de um raciocínio claro e lúcido, não deixo, no entanto, de ser uma espécie de D. Quixote fêmea a combater moinhos de vento, quimérica e fantástica, sempre enganada e sempre a pedir novas mentiras à vida, num dar de mim própria que não acaba, que não desfalece, que não cansa. Toda, enfim, nesta frase a propòsito de Delteil: 'Très simple avec son enthousiasme à da droite et son désespoir à sa gauche'."
(da Cartas e diario, Florbela Espanca, Bertrand Editora,1995)

"Sono una scettica che crede in tutto, una disillusa piena di illusioni, una ribelle che accetta, sorridente, tutto il male della vita, una indifferente traboccante di tenerezza. Seria e metodica fino alla mania, attenta a tutte le sottigliezze di un raziocinio chiaro e lucido, non smetto, tuttavia, di essere una specie di Don Chisciotte donna che combatte contro i mulini a vento, chimerica e appassionata, sempre ingannata e sempre a chiedere nuove bugie alla vita, una dote di me stessa che non finisce, che non indebolisce, che non stanca. Tutta, infine, in una frase a tal proposito di Dilteil: 'Molto semplice con il suo entusiasmo alla sua destra e la sua disperazione alla sua sinistra'.”


martedì 14 febbraio 2012

Una poesia di Luisa Luisi...Sono la pietra immobile

L'albero di pietra, Bolivia
Luisa Luisi (1883-1940) è una poetessa uruguayana  quasi del tutto sconosciuta in Italia.
L'ho incontrata per caso e le sue parole mi hanno incantata.
Trascrivo e provo a tradurre una sua poesia:



YO SOY LA PIEDRA INMÓVIL

Yo soy la piedra inmóvil, junto al camino vivo,
en el árbol envidioso de la nube andariega:
estoy sentada y muda al borde de la vida,
mientras la senda sigue su marcha hacia el futuro.

Pasan inquietos seres: caminantes, arrieros,
parejas enlazadas y familias contentas: chiquillos
juguetones hirvientes de energías;
pasan ancianos, pasa la juventud; se van...

¡Pasan... pasan!... Yo siempre en mi lugar estoy;
soy la piedra sentada un día y otro día;
el árbol, engarzado en la misma actitud:
árbol... persona... piedra... ¡Ya no sé lo que soy!...

SONO LA PIETRA IMMOBILE

Sono la pietra immobile, accanto al cammino vivo,
tra l’albero invidioso della nube vagabonda:
sono tranquilla e muta sul bordo della vita
mentre il sentiero segue la sua marcia verso il futuro.

Passano inquiete creature: pellegrini, mulattieri,
coppie unite e famiglie felici: bambini
vivaci bollenti di energie;
passano vecchi, passa la giovinezza; se ne vanno..

Passano! Passano! Io sempre al mio posto resto;
sono la pietra tranquilla un giorno e un altro ancora;
l’albero, incatenato nella stessa posizione:
albero..persona..pietra..Ecco, io non so cosa sono!

Luisa Luisi con questa sua poesia mi ha riportato alla mente la bellissima favola d'amore di Hermann Hesse, Le metamorfosi di Pittore-Una fiaba:


"Appena fu entrato nel Paradiso terrestre, Pittore incontrò un albero che era uomo e donna insieme. Pittore saluto l'albero con riverenza e chiese: "Sei tu l'albero della vita?"
Quando però non l'albero, ma il serpente gli volle rispondere, gli girò le spalle e andò oltre. Era tutt'occhi, tutto gli piaceva immensamente. Sentiva con chiarezza di essere giunto in patria e alla fonte della vita.
E di nuovo vide un albero che era insieme sole e luna.
Disse Pittore: "Sei tu l'albero della vita?".
Il sole annuì e rise, la luna annuì e sorrise.
I fiori più straordinari lo guardavano con luci e colori, con occhi e volti molteplici e vari. Alcuni annuivano e ridevano, altri annuivano e sorridevano, altri ancora non annuivano e non sorridevano: tacevano inebriati, in se stessi calati, nel loro aroma come annegati. Uno cantava la canzone lilla, uno cantava la canzone blu del sonno. Uno dei fiori aveva grandi occhi azzurri, un altro gli ricordava il suo primo amore. Uno odorava come il giardino dell'infanzia, il suo dolce profumo imitava nel suono la voce della madre. Un altro invece gli rideva in faccia e gli mostrava l'arco rosso della lingua.
Leccò, il sapore era forte e selvatico, come resina e miele ed anche come il bacio di una donna. In mezzo a tutti quei fiori Pittore era colmo di desiderio e di trepida gioia.
Il suo cuore, quasi fosse una campana, batteva grave, batteva soave e fiammeggiava d'avida passione verso l'ignoto e la sua arcana intuizione.

Pittore vide un uccello posato, nell'erba lo vide posato e lampeggiante in più colori, pareva il bell'uccello in possesso di tutti i colori.
Al bell'uccello colorato chiese: "O uccello, di', dov'è la felicità?"
"La felicità," disse il bell'uccello ridendo col becco dorato, "la felicità, o amico, è in tutte le calli, nei monti e nelle valli, nei fiori e nei cristalli"
Con queste parole il lieto uccello scosse il suo piumaggio, tese il collo, agitò la coda, strizzò l'occhio, rise ancora una volta, poi rimase immobile, posò fermo nell'erba, e guarda: l'uccello era diventato un fiore variopinto, le piume petali, gli artigli radici.
Nel suo fulgore d'ogni colore, in piena danza s'era fatto pianta. Stupito lo vide Pittore.
E di lì a poco il fioreuccello mosse petali e pistilli, era già sazio dello stato floreale, non aveva radici, si mosse lievemente, si levò lentamente, ed era diventato una farfalla iridescente che si cullava sospesa, senza gravezza, senza stanchezza, tutta un volto splendente. Pittore n'ebbe grande sorpresa.
Ma la neofarfalla, la farfallafioreuccello, il luminoso volto variopinto volò in cerchio intorno al meravigliato Pittore, scintillò nel sole, si lasciò cadere a terra con la dolcezza di un fioco di neve, si posò proprio ai piedi di Pittore, respirò delicatamente, tremò un poco con le alucce luminose, e subito si trasformò in un cristallo colorato dai cui spigoli irradiava una luce rossa. Rossa e meravigliosa tra l'erba e tra le verdi piante, chiara come campana risonante ardeva la pietra preziosa.
Ma la sua patria, il cuore della terra, parve chiamarla; rapidamente rimpicciolì e minacciò di sprofondare.
Allora Pittore, mosso da una brama soverchiante, afferrò la pietra che scompariva e l'ebbe nelle sue mani. Con delizia contemplò la sua magica luce, che sembrava irradiargli nel cuore il presentimento di tutte le beatitudini.
A un tratto il serpente s'inanellò al ramo di un albero morto e gli sibilò all'orecchio: "Questa pietra ti tramuta in quello che vuoi. Dille presto il tuo desiderio, prima che sia troppo tardi!".
Pittore ebbe un fremito e temette di mancare la sua occasione di felicità. Rapidamente disse la parola e si tramutò in un albero. Talvolta infatti aveva desiderato d'essere un albero, perché gli alberi sembravano così pieni di quiete, di forza e di dignità.
Pittore divenne un albero, Cacciò radici nella terra, si stirò verso l'alto, dalle sue membra spuntarono foglie e rami. Ne fu molto contento. Con le fibre assetate succhiava nel profondo della fresca terra e cullava le foglie nell'alto cielo azzurro. I maggiolini abitavano nella sua corteccia, ai suoi piedi abitavano la lepre e il porcospino, nei suoi rami gli uccelli.
L'albero Pittore era felice e non contava gli anni che passavano.
Molti e molti anni passarono prima che si accorgesse che la sua felicità non era perfetta. Solo lentamente imparò a vedere coi suoi occhi arborei. Finalmente vide e si fece triste.
Vide infatti che nel Paradiso terrestre intorno a lui quasi tutti gli esseri si trasformavano con grande frequenza, anzi, che tutto fluiva in una magica corrente di eterna trasformazione. Vide fiori diventare pietre preziose o volare via come colibrì sfolgoranti. Vide accanto a sé più di un albero scomparire: uno si era disciolto in fonte, l'altro era diventato un coccodrillo, un terzo se ne andava lietamente, nuotando come un pesce nella fresca corrente, e vivace guizzava e in nuove forme nuovi giochi cominciava. Elefanti scambiavano le veste con le rocce, giraffe la figura con fiori.
Ma lui, l'albero Pittore, restava sempre lo stesso, non poteva più trasformarsi.
Appena lo comprese, la sua felicità svanì; cominciò a invecchiare e assunse sempre di più quell'aria stanca, seria e intristita che si può osservare in molti vecchi alberi.
Anche nei cavalli, negli uccelli, negli uomini e in tutti gli esseri lo possiamo vedere ogni giorno: se non possiedono il dono della metamorfosi, col tempo cadono nella malinconia, avvizziscono e la loro bellezza va perduta.
Ma un giorno una fanciulla si smarrì in quella zona del Paradiso terrestre, bionda di capelli, in veste azzurra. Cantando e danzando la bionda corse sotto gli alberi, e fino a quel giorno non aveva mai pensato di desiderare il dono della metamorfosi.
Più di una furba scimmia sorrise alle sue spalle, più di un cespuglio la sfiorò teneramente con un virgulto, più di un albero le gettò un fiore, una noce, una mela senza che lei vi badasse.
Quando l'albero Pittore vide la fanciulla, fu colto da una grande nostalgia da un desiderio di felicità mai provato prima. E insieme fu catturato da una profonda meditazione, perché gli sembrava che il suo stesso sangue gli gridasse: "Rammentati! Ricordati in quest'ora di tutta la tua vita, trova il senso, o sarà troppo tardi, e la felicità non potrà più raggiungerti". Ed egli obbedì. Si rammentò delle sue origini, dei suoi anni di uomo, del suo ingresso nel Paradiso terrestre, e in particolare di quell'attimo che aveva preceduto la sua metamorfosi in albero, di quell'attimo meraviglioso in cui aveva tenuto in mano la pietra magica.
Allora, mentre ogni metamorfosi gli era aperta, la vita era stata ardente in lui come non mai! Ripensò all'uccello che aveva riso, e all'albero col sole e la luna; intuì che in quel momento aveva omesso, dimenticato qualcosa, e che il consiglio del serpente non era stato buono.
La fanciulla sentì un fruscio nel fogliame dell'albero Pittore, guardò in su e sentì, con un improvvisa pena nel cuore, nuovi pensieri, nuovi desideri, nuovi sogni muoversi dentro di lei.
Attirata da quella forza ignota si sedette sotto l'albero. Esso le parve solitario, solitario e triste, e insieme bello, commovente e nobile nella sua muta tristezza; seducente risuonava per lei il canto della sua corona dal lieve fruscio.
Si appoggiò al tronco ruvido, sentì l'albero rabbrividire profondamente, sentì lo stesso brivido nel proprio cuore. Il cuore le doleva in modo strano, nuvole correvano nel cielo della sua anima, lentamente scendevano dai suoi occhi pesanti lagrime. Cos'era questo? Perché bisognava soffrire così? Perché il cuore voleva infrangerle il petto e fondersi in lui, nel bel solitario?
L'albero tremava leggermente fino alle radici, tale era l'impeto con cui raccoglieva dentro di sé tutta la sua forza vitale per rivolgerla verso la fanciulla nell'ardente desiderio dell'unione.
Ahimè, ingannato dal serpente si era bandito per sempre in un albero! O com'era stato cieco folle! Non sapeva dunque niente allora, era talmente estraneo al segreto della vita? No, l'aveva oscuramente percepito e intuito - ahimè, e con tristezza e profonda comprensione pensò adesso all'albero che era fatto di uomo e di donna!
Venne un uccello in volo, rosse e verdi le penne, un bell'uccello ardito venne in volo, facendo un arco venne. La fanciulla lo vide volare, vide qualcosa cadergli dal becco, e quel qualcosa emanava una luce rossa come sangue, rossa come brace, e cadde giù nell'erba verde e quel suo lampeggiare le parve tanto familiare, tanto il suo rosso splendore la seppe allettare, che la fanciulla si chinò e raccolse quell'oggetto rosso.
Ed ecco, era un cristallo, era un carbonchio, e dov'è questa pietra non può esserci tenebra.
Non appena la fanciulla ebbe la pietra magica nella bianca mano, subito si realizzò il desiderio di cui il suo cuore traboccava.
La bella fu rapita, sprofondò e diventò una cosa sola con l'albero, sbocciò come un forte, giovane ramo dal suo tronco, crebbe rapidamente verso di lui.
Adesso tutto andava bene, il mondo era a posto, soltanto adesso il Paradiso era stato trovato. Pittore non era più un vecchio albero intristito, ma poteva cantare a voce spiegata Pittoria, Vittoria.
Era trasformato. E siccome questa volta aveva raggiunto la giusta metamorfosi, quella eterna, perché da un metà era divenuto un intero, da quell'ora poté ulteriormente tramutarsi in tutto ciò che voleva. La magica corrente del divenire fluiva costante nel suo sangue, ed egli era eternamente partecipe della creazione che ora per ora si rinnovava.
Diventò capriolo, diventò pesce, diventò uomo e serpe, nube e uccello. Ma in ogni figura era intero, perché era una coppia, aveva luna e sole, aveva uomo e donna dentro, scorreva per le terre come fiume gemello, brillava in cielo come stella doppia".
Hermann Hesse, Sull'Amore, Oscar Mondadori



..e dalla fiaba di Hesse una canzone..Favola di Eros Ramazzotti.



















E raccontano
che lui si trasformò
in albero e che fu
per scelta sua che si fermò

e stava lì a guardare
la terra partorire fiori nuovi

così fu nido per
conigli e colibrì
il vento gl’insegnò i sapori
di resina e di miele selvatico
e pioggia lo bagnò

la mia felicità
diceva dentro se stesso
ecco ... ecco ...
l’ho trovata ora che
ora che sto bene
e che ho tutto il tempo per me
non ho più bisogno di nessuno
ecco la bellezza
della vita che cos’è

ma un giorno passarono di lí
due occhi di fanciulla
due occhi che avevano
rubato al cielo un pò
della sua vernice

e sentì tremar
la sua radice

quanto smarrimento
d’improvviso dentro sè
quello che solo un uomo
senza donna sa che cos’è
e allungò i suoi rami per toccarla

capì che la felicità non è mai
la metà di un infinito

ora era insieme luna e sole
sasso e nuvola
era insieme riso e pianto
o soltanto era un uomo che
cominciava a vivere
ora era il canto che riempiva
la sua grande immensa solitudine
era quella parte vera
che ogni favola d’amore
racchiude in sè
per poterci credere.

Baci....


Baci
di
Gabriela Mistral


Besos


Hay besos que pronuncian por sí solos
la sentencia de amor condenatoria,
hay besos que se dan con la mirada
hay besos que se dan con la memoria.


Hay besos silenciosos, besos nobles
hay besos enigmáticos, sinceros
hay besos que se dan sólo las almas
hay besos por prohibidos, verdaderos.


Hay besos que calcinan y que hieren,
hay besos que arrebatan los sentidos,
hay besos misteriosos que han dejado
mil sueños errantes y perdidos.


Hay besos problemáticos que encierran
una clave que nadie ha descifrado,
hay besos que engendran la tragedia
cuantas rosas en broche han deshojado.


Hay besos perfumados, besos tibios
que palpitan en íntimos anhelos,
hay besos que en los labios dejan huellas
como un campo de sol entre dos hielos.


Hay besos que parecen azucenas
por sublimes, ingenuos y por puros,
hay besos traicioneros y cobardes,
hay besos maldecidos y perjuros.


Judas besa a Jesús y deja impresa
en su rostro de Dios, la felonía,
mientras la Magdalena con sus besos
fortifica piadosa su agonía.


Desde entonces en los besos palpita
el amor, la traición y los dolores,
en las bodas humanas se parecen
a la brisa que juega con las flores.


Hay besos que producen desvaríos
de amorosa pasión ardiente y loca,
tú los conoces bien son besos míos
inventados por mí, para tu boca.


Besos de llama que en rastro impreso
llevan los surcos de un amor vedado,
besos de tempestad, salvajes besos
que solo nuestros labios han probado.


¿Te acuerdas del primero...? Indefinible;
cubrió tu faz de cárdenos sonrojos
y en los espasmos de emoción terrible,
llenáronse de lágrimas tus ojos.


¿Te acuerdas que una tarde en loco exceso
te vi celoso imaginando agravios,
te suspendí en mis brazos... vibró un beso,
y qué viste después...? Sangre en mis labios.



Yo te enseñe a besar: los besos fríos
son de impasible corazón de roca,
yo te enseñé a besar con besos míos
inventados por mí, para tu boca.

Baci

Ci son baci che pronuncian per se stessi
la sentenza di condanna dell'amore
ci son baci che si danno con lo sguardo
ci sono baci che si danno con la memoria.

Ci son baci silenti, baci nobili
ci son baci enigmatici, sinceri
ci son baci che si danno solo le anime
ci son baci che pur proibiti, veri.

Ci son baci che ardono e feriscono,
ci sono baci che rapiscono i sensi
ci sono baci misteriosi che han lasciato
mille sogni erranti e perduti.

Ci son baci problematici che celano
una chiave che nessun ha decifrato,
ci son baci che generano tragedia
quante ghirlande di rose hanno appassito.

Ci son baci profumati, baci tiepidi
che palpitano in intimi desideri,
ci son baci che sulle labbra lasciano tracce
come uno spazio di sole fra due ghiacci.

Ci sono baci che sembrano gigli
per sublimi, ingenui e puri,
ci son baci traditori e vili,
ci sono baci maledetti e sacrileghi.

Giuda bacia Gesù e lascia impressa
sul volto di Dio, l’ infamia,
mentre la Maddalena con i suoi baci
fortifica pietosa la sua agonia.

Da allora nei baci palpita
l'amore, il tradimento e i dolori,
nelle nozze umane rassomigliano
alla brezza che gioca con i fiori.

Ci son baci che producono deliri
d'amorosa passione ardente e folle,
tu li conosci bene sono i baci miei,
inventati da me, per la tua bocca.

Baci di fiamma che nella traccia impressa
di un amore vietato lasciano i solchi
baci di tempesta, selvaggi baci
che sol le nostre labbra hanno provato.

Ti ricordi del primo...? Indefinibile;
coprì il tuo viso di carminio rosso
e nello spasmo dell'emozione terribile,
si riempirono di lacrime i tuoi occhi.

Ti ricordi che una sera in folle eccesso
ti vidi geloso immaginando offese,
ti tenni fra le mie braccia...scoccò un bacio,
e che hai visto dopo...? Sangue sulle mie labbra.
Io t'insegnai a baciare: i baci freddi
sono d‘impassibile cuore di rocca,
io t'insegnai a baciare con baci miei
inventati da me, per la tua bocca.










lunedì 6 febbraio 2012

Clarice Lispector...la parola che salva

Olga Borrelli, amica e confidente della scrittrice brasiliana, Clarice Lispector, pubblica dei piccoli testi, delle annotazioni, dei frammenti di corrispondenza dell'autrice, nel 'caleidoscopico' libro, non tradotto in italiano, "Clarice Lispector:  esboço para um possível retrato".
Dalla traduzione francese che porta il titolo "Clarice Lispector: d'une vie à l'oeuvre" questa piccola ma profonda riflessione di Clarice.

"Dans le monde je me sens ivre, comme si j'avais tourné et tourné sur moi-même et que j'étais tombée en tourbillon par terre. C'est à cause de ceci: qu'on immagine un gros dictionnaire donnant bien le sens de tous le mots, sauf que ceux-ci ne seraient pas placés par ordre alphabétique; tout à coup dans les x on trouverait un m ou un a, et l'on tomberait sur le mot "ardent" totalemente par hasard. Tout est là, je le sais. Mais comment chercher et trouver?  On rencontre seulment ce que l'on trouve et non ce que l'on cherche. A' présent je compare ma vie à ce dictionnaire kaléidoscopique: je n'y trouve des sens que si se hasard me les donnes. Je sais qu'il y a en moi et autour de moi des significations. Mais comment le trouver? Comment les chercher? Je veux connaître mon synonyme, et même le mot qui détiendrait mon synonyme je ne sais pas comment le chercher. Et la vie est trop courte pour que je lise tuot ce gros dictionnaire pour, à la fin, dècouvrir par hasard le mot qui sauve."
(da Clarice Lispector: d'une vie à l'oeuvre, Olga Borrelli, Eulina Carvalho)

Ed eccone un tentativo di traduzione:

"In questo mondo io mi sento ebbra, come se avessi girato e rigirato su me stessa e sia caduta volteggiando per terra. E' a causa di questo: si immagina un grosso dizionario che dia il significato di tutte le parole, tranne che queste non sarebbero poste in ordine alfabetico; improvvisamente tra le x si troverebbe una m oppure una a, e ci si imbatterebbe sulla parola "ardente" completamente per caso. Tutto è là, io lo so. Ma come cercare e trovare? S'incontra solo ciò che si trova e non ciò che si cerca. Adesso paragono la mia vita a questo dizionario caleidoscopico:  trovo dei significati solo se il caso me li da. So che ci sono in me e intorno a me dei significati: Ma come trovarli? Come cercarli? Io voglio conoscere il mio sinonimo, e perfino la parola che possiede il mio sinonimo io non so come cercarla. E la vita è troppo corta perché io legga tutto questo grosso dizionario per scoprire, dopotutto, per caso la parola che salva."

venerdì 3 febbraio 2012

Un tango e un libro...

La cantautrice e compositrice, di origine irlandese, Lorena McKennitt,  e la scrittrice cilena, Marcela Serrano.....un tango e un libro.

'Arrivano le prime note alle sue orecchie già turbate.
"Un tango in mezzo alle cornamuse? Di chi è questa musica?"
"E' Lorena McKennitt", risponde lui, appoggiando la mano destra sulla schiena di Floreana, appena sopra la vita.....
"E' bellissima!....."
"E'...per te, per noi due.....Si chiama Tango to Evora'.....La stringe a sè e le sussurra: 'Abbandonati'.
.....con una mossa impetuosa, Flaviàn preme forte sulla sua schiena, affonda le mani nella sua pelle intrappolandola e obbligandola segretamente, al ritmo della musica, a mettersi nella posizione che permetta a entrambi di sentirsi.....
Allora i contorni della folla intorno lei diventano indistinti, perchè il bacino di Flaviàn ha cominciato a cercare il suo, tentando di assediarla, di chiuderla. Quelle dozzine di occhi si trasformano in piccole luci lontane sospese in una dimensione altra, estranea.
El alma desmayada arrojando este suspiro, ay,
y caìda en los brazos del amor divino.
Perché questa irlandese oltreoceano con la sua musica magica deve infiammare la sua carne e trasformarla in puro desiderio? Lui la cerca con fermezza, la accompagna verso un'emozione precisa. Sono guidati semplicemente dal loro istinto, che li porta a cercare il massimo. Questo è l'inizio della fine, sente il cuore agitato di Floreana.
Il ritmo le è entrato nelle vene, nelle arterie, nei vasi comunicanti, non ha lasciato spazi liberi. Floreana ha abbassato le sue barriere protettive e Flaviàn le varca quasi fosse il suo nemico o, peggio, il suo costruttore. 
Una volta chiusi gli occhi, l'estasi spazza via tutto ciò che esiste...tutto quanto non sia la mano che scende sui suoi fianchi stringendola forte, attirandola, una bacino che rotea impellente indagando il suo opposto, che si specchia nel suo fino a sentirlo combaciare, fino ad avvolgerlo in un'unione di fuoco, lingue di una dimensione altra che nessuno può più controllare, che nessuno ha pianificato o ha previsto. E' marmo che si scioglie, trasformato dal ballo della seduzione in materia malleabile per membra fino a ieri soggiogate. Sono diventati due corpi infuocati, due corpi che si invocano nel più duro, nel più febbrile e delirante degli abbracci, cercandosi voraci, rapiti da una necessità eterna fino all'incontro e finalmente si fondono, nel suono d'amore di un tango che non è tango ma strazio di donna. Ed Evora li fece ardere come mai prima di allora. 
A tal punto avevano bisogno l'uno dell'altra.....
Il tuo pulsare ora scorre dentro di me..
.....Il destino del tango - di più, la sua essenza- è la perdita, riflette. Allora da dove si comincia?
La vita è prepotente, conclude; ci passa sopra senza mai preoccuparsi di chiedercene il permesso.'

(da L'albergo delle donne tristi, Marcela Serrano, Universale Economica Feltrinelli)


giovedì 2 febbraio 2012

L'imperdonabile Cristina Campo: una pagina di prosa e una poesia

"Fosse ciascun amante assorto solo nel proprio amore, dolcemente incurante dei sentimenti dell'altro e insieme, proprio per questo, dimentico di sé, immerso come un pesce gioioso nella realtà dell'altro. Nessun amore avrebbe fine mai. <<Che io non voglia mai chiederti amore>> dovrebb'essere il voto reciproco degli amanti, la formula sacramentale delle nozze.
E' un equilibrio impossibile, ma di che altro l'amore vorrà vivere? <<Finché non siate in grado di udire l'applauso di una sola mano...>>.
Ogni amore è un cammino sulle acque di Genezaret: un dubbio, un timore, uno sguardo in basso e si affonda. Gli occhi dovrebbero sempre restare alti, fissi al dio tranquillo che ci tende la mano."
(da Gli Imperdonabili, Cristina Campo, Biblioteca Adelphi 183)



Amore, oggi il tuo nome 


al mio labbro è sfuggito 
come al piede l'ultimo gradino... 

Ora è sparsa l'acqua della vita 
e tutta la lunga scala 
è da ricominciare. 

T'ho barattato, amore, con parole. 

Buio miele che odori 
dentro diafani vasi 
sotto mille e seicento anni di lava - 

ti riconoscerò dall'immortale 
silenzio. 

(da La Tigre Assenza, Cristina Campo, Biblioteca Adelphi 239)

Cliccando sui link si troveranno maggiori informazioni sui libri di Cristina Campo pubblicati da Adelphi.

http://www.adelphi.it/libro/9788845902567                       http://www.adelphi.it/libro/9788845908323                     

martedì 31 gennaio 2012

Le note...di un amore che vince il tempo

SON PARA TI
Sierra Maestra


Recien empiezo a comprender  
que te ha llevado a mí 
Desde que supe distinguir entre amor y mujer, 
desde que pude valorar  
entre mis bolas de jugar y un beso 
Y al cabo de tanto besar  
atrás me encuentro yo 
Comparto al centro de mi juventud  
con el final de tu niñez 
Son dos etapas que al azar  
se unieron para derrotar al tiempo 
Enséñame, mujer del hechicero, a navegar 
la senda que me lleva hasta tu cuerpo,  
y hazme sentir con el contacto suave de tu piel,  
que nuestro amor supo vencer al tiempo 
Y búscame, cuando la tarde pierda su esplendor, 
cuando tenga la noche entre mis brazos  
y en el lugar que ayer la oscuridad nos ocultó, 
suspirarás desde el primer abrazo 
¡Vamonos!…. 
Enséñame, mujer del hechicero, a navegar 
la senda que me lleva hasta tu cuerpo, amor  
y hazme sentir  con el contacto suave de tu piel,  
que nuestro amor supo vencer al tiempo 
Y búscame, cuando la tarde pierda su esplendor, 
cuando tenga la noche entre mis brazos  
y en el lugar que ayer la oscuridad nos ocultó,
 suspirarás desde el primer abrazo

lunedì 30 gennaio 2012

Saudade...


30 Gennaio...il giorno della saudade


Lasciamoci accarezzare  dalle bellissime parole della poetessa Cecilia Meireles...
lasciamoci condurre laddove l'amore, l'assenza, il ricordo, l'eternità, la vita si sposano nella magia di una parola intraducibile e singolare...
SAUDADE

"La natura della saudade è ambigua: associa sentimenti di solitudine e tristezza, ma, illuminata dalla memoria, guadagna contorno e espressione di felicità.. 
In generale, si vede nella saudade il sentimento di separazione e distanza da quello che si ama e non si ha.
Ma tutti gli istanti della nostra vita non vanno ad essere perdita, separazione, distanza?Il nostro presente, appena raggiunge il futuro subito lo trasforma in passato.

La vita è un costante perdere. 
La vita è, perciò, una costante saudade.
C'è una saudade risentita. Quella che desidererebbe trattenere, fissare, possedere.
C'è una saudade saggia, che lascia le cose passare, come se non passassero. Liberandole dal tempo, salvando la loro essenza di eternità.
E' l'unica maniera, del resto, di dare loro permanenza: renderle immortali nell'amore.

Il vero amore è, paradossalmente, una saudade costante, senza nessun egoismo."        (Cecilia Meireles)